VIA LIBERA ALLA RIFORMA DEL DIRITTO ALLO STUDIO UNIVERSITARIO
Istituito l’ERDIS, Ente unico con personalità giuridica. Avrà funzioni di gestione del personale, monitoraggio e vigilanza sui servizi erogati, potrà stipulare delle convenzioni con le singole Università. Votata favorevolmente la proposta di legge che contiene aggiustamenti al processo di riordino delle funzioni delle province. Aggiustamenti anche al Programma di Sviluppo Rurale 2014/2020.

 immagine primo piano Sarà l’ERDIS, Ente regionale unico per il diritto allo studio universitario, la mano operativa della Regione Marche nella gestione della ampia e delicata materia del diritto allo studio universitario. E’ questo che è stato sancito dalla votazione sul Testo di riforma (19 voti favorevoli, 10 contrari, astenuto Sandro Bisonni, Misto) da parte del Consiglio regionale delle Marche. L’ERDIS andrà, pertanto, a regime, a sostituire i quattro ERSU regionali nelle funzioni di gestione del personale, monitoraggio e vigilanza sui servizi erogati, stipula delle convenzioni con le Università. Gli altri punti della riforma concernono la previsione del Piano triennale regionale per il diritto allo studio e la Conferenza dei soggetti (istituzioni regionali e locali, tutto il mondo universitario) chiamati ad esprimere un parere sul documento di programmazione. L'Erdis, sia per la realizzazione di lavori pubblici, sia per l'acquisizione di beni e servizi, si avvarrà della Stazione Unica Appaltante della Regione Marche (SUAM). La gestione degli interventi avverrà principalmente attraverso convenzioni (di durata minima di 5 anni) che l'Erdis stipulerà con le Università. Dal canto loro, le Università convenzionate con l'Erdis, erogheranno le prestazioni finanziarie, organizzeranno e gestiranno i servizi. Lo potranno fare direttamente, o attraverso altri organismi previsti dalla normativa di settore.


IL DIBATTITO


Altri aspetti sono stati illustrati dal relatore di maggioranza sul provvedimento, il consigliere Pd, Francesco Giacinti: “Un nuovo modello organizzativo, più efficace, che possa generare maggiori risorse” – è l’ambizione della riforma – “e la possibilità di definire in piena autonomia ulteriori servizi che esaltino le singole specificità territoriali”. Rimarcate, da parte di Giacinti, le garanzie per gli attuali dipendenti degli ERSU. Per la relatrice di minoranza, la consigliera Jessica Marcozzi (FI) si tratta di “una riforma che ha creato diffuso malcontento”. “Una riforma che – ha aggiunto Marcozzi – centralizza ed omologa tutto e tutti, non tenendo conto delle singole specificità territoriali”. Primo a prendere la parola nel dibattito, successivo alle due relazioni introduttive, il consigliere di AP, Mirco Carloni: “Una riforma che porta, fin dalla sua genesi, l’errore di fondo di non voler considerare le specificità delle Università, storicamente il valore aggiunto degli Atenei marchigiani”. Per il consigliere Piergiorgio Fabbri (M5S) “a confusione si aggiunge confusione, perché a proposte si aggiungono proposte” (alle tre già presenti – sostiene Fabbri – ce ne sarebbe un’altra sorta nelle ultime ore dalla Commissione, anche attraverso una ventina di emendamenti, un’altra ancora deriverebbe dal parere condizionato del CAL). Sandro Zaffiri (Lega nord) ha affermato che questa è una proposta che “va contro tutti, special modo contro i dipendenti a forte rischio di penalizzazione”. “Una legge che, tra l’altro – ha aggiunto – contiene elementi per essere impugnata per vizi di incostituzionalità”. Per Luca Marconi (Udc) “la confusione nasce ascoltando le posizioni delle minoranze”. “Si tratta di una riforma seria – ha detto l’esponente dell’Udc – frutto di ascolto e partecipazione”. Piero Celani (FI) ha definito la proposta “una accozzaglia di articoli, commi ed emendamenti incomprensibili”. Per Gianni Maggi (M5S), che ha rimarcato “il continuo divenire di nuovi emendamenti” (ai quindici iniziali se ne sono aggiunti 23 della Commissione durante lo svolgimento del dibattito d’Aula), “tutto è scritto in maniera fumosa e risulta di difficile interpretazione”. Il capogruppo del Pd, Gianluca Busilacchi, ha fatto riferimento alle tante riforme del sistema del diritto allo studio universitario già attuate in altre regioni. “Un sistema universitario che funziona – ha detto Busilacchi – pone al centro la ricerca e la didattica”. “Il tutto – ha aggiunto – senza creare disparità tra studenti di un ateneo rispetto a quelli di un altro”. La consigliera Elena Leonardi (FdI) ha parlato di “diffusa contrarietà rispetto alla proposta”. “Una riforma – ha aggiunto - che non va nella direzione di migliorare il sistema”. Per il consigliere Pd, Renato Claudio Minardi, “si è fatto un grande lavoro che sicuramente porterà dei buoni risultati”. “Sul personale – ha affermato Minardi, invitando ad una lettura approfondita, serena ed onesta del testo – abbiamo inserito delle garanzie assolute”. “Non se ne faccia una ragione di campanile – ha ribadito, riprendendo la parola, il relatore di maggioranza sull’atto, Francesco Giacinti – “perché la riforma va intesa come processo che riguarda l’intero sistema del diritto allo studio regionale”. In chiusura, l’assessore all’Università e diritto allo studio, Loretta Bravi, e il presidente della Giunta regionale, Luca Ceriscioli. “L’impalcatura della riforma – ha detto Bravi – ha due assi portanti, cioè progettualità e gestione”. “Le Università moderne devono avere una grande apertura verso l’esterno – ha aggiunto – e la Regione deve sostenerle”. Il presidente Ceriscioli ha rilevato come nella riforma la Regione investa una cifra importante (14 milioni di euro). “Prevedere poi l’erogatore unico – ha aggiunto – può comportare un’integrazione di circa il 10% del finanziamento destinato a sostenere il sistema del diritto allo studio”.


PROCESSO DI RIORDINO DELLE PROVINCE


Mantenimento, in capo alle Province, dei procedimenti in itinere, relativi all'affidamento di lavori riguardanti opere pubbliche e interventi per la difesa del suolo, fino al collaudo. Passaggio di consegne alla Regione per le funzioni “Agricoltura” e “Acque minerali”. Nuove disposizioni per ciò che concerne l’organizzazione degli incarichi dirigenziali. Questi, in estrema sintesi, i punti salienti delle ulteriori disposizioni in materia di attuazione del processo di riordino delle Province, illustrate dal relatore di maggioranza, Francesco Giacinti (Pd), approvate dal Consiglio regionale con 17 voti favorevoli, 8 contrari e 2 astenuti (Celani e Marcozzi). Nella relazione di minoranza, il consigliere Gianni Maggi (M5S) ha evidenziato i rischi di un “affidamento fiduciario degli incarichi dirigenziali”. Nel dibattito che ha preceduto la votazione sono intervenuti i consiglieri Sandro Bisonni (Misto), Peppino Giorgini (M5S), Luca Marconi (Udc), Romina Pergolesi (M5S, che aveva presentato alcuni emendamenti alla proposta di legge) e Sandro Zaffiri (Lega nord). Conclusioni affidate all’assessore Fabrizio Cesetti che ha sottolineato la complessiva bontà del processo di riordino, data la esigua necessità di intervenire con aggiustamenti.


PROGRAMMA DI SVILUPPO RURALE 2014/2020


Maggiori incentivi per favorire la trasformazione aziendale dei prodotti agricoli, il benessere animale e le attività di salvaguardia delle biodiversità negli habitat naturali delle aree Natura 2000. Sono alcune tra le novità introdotte con la rimodulazione del Programma di sviluppo rurale 2014-2020, che può contare su finanziamenti per oltre 530 milioni di euro. Il provvedimento è stato licenziato dall’Aula assembleare a maggioranza, unitamente ad uno specifico ordine del giorno, approvato all'unanimità, per una più chiara e puntuale formulazione dei bandi di accesso alle misure di finanziamento. Il relatore di maggioranza, Gino Traversini (Pd), ha ribadito che “occorreva rimodulare il programma di interventi, perché, in questo primo periodo di applicazione, le richieste di contributo sono state di gran lunga superiori rispetto al passato, tanto che abbiamo scelto di rivedere alcuni criteri per l’assegnazione delle risorse”. Introdotti criteri per incoraggiare le giovani generazioni nell’avvio di attività nel settore agricolo, elementi a sostegno delle produzioni biologiche e per favorire le aree interne e montane. Per il relatore di minoranza, Piero Celani (FI), l’atto “porta con sé delle lacune e delle incongruenze già presenti al momento della sua entrata in vigore”. “Qualche passo avanti è stato indubbiamente fatto, nell’ottica di un necessario aggiustamento – ha aggiunto Celani – ma permangono elementi che ne annacquano l’utilità”. Agli interventi dei relatori è seguito un breve dibattito. Il consigliere regionale Piergiorgio Fabbri (M5s) ha sollevato “un rischio di frammentazione, in un atto che contiene oltre cento provvedimenti” e ha annunciato voto negativo perché “le modifiche fatte non sono all'altezza e alcune non ci trovano d'accordo”. Il consigliere Luca Marconi (Udc) ha invitato a valutare la possibilità di “introdurre piccoli criteri aggiuntivi nei bandi europei, piccoli punteggi su determinate misure, decisi dalla legislazione italiana o regionale. Questo risponderebbe ad un'idea federalista dell'Europa”. Il consigliere Sandro Zaffiri (LN) ha evidenziato la necessità di “snellire una burocrazia che mette in difficoltà” e ha chiesto “la possibilità di verificare cosa producono questi finanziamenti nel reddito locale e nell'occupazione. La valutazione del Piano è negativa, finché non riusciamo a capire quali saranno effettivamente le ricadute dei finanziamenti”. La vicepresidente Anna Casini, assessore all'agricoltura, è intervenuta, precisando che “le Marche sono la prima regione in Italia per numero di bandi emanati e per quantità di risorse erogate” e ha ricordato che gli obiettivi del PSR sono “ridurre il consumo di suolo, incentivare il biologico, il ricambio generazionale e l'innovazione”. (l.b.)
Mercoledì 15 Febbraio 2017